Il mondo dei videogiochi sembra essere inarrestabile. Un’industria multimilionaria che infrange ogni record anno dopo anno. Nel 2016 il mondo del gaming ha registrato vendite per 91 miliardi di dollari, cifra che sembra essere destinata al salire entro la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Nel mondo mobile ormai regna sovrano il casual gaming e la nuova generazione di console cerca di accaparrarsi una fetta di mercato a colpi di esclusive. È evidente che l’universo del gaming non conosce crisi e, nonostante i costi dei singoli titoli siano sempre più alti, ai consumatori non importa: qualunque prezzo purché l’intrattenimento offerto sia all’altezza delle aspettative.
Anche il fenomeno degli eSport non accenna a rallentare: nel 2016 hanno generato un fatturato di 892 milioni che sembra essere destinato a crescere nel 2018 e sono proprio i pro gamer a preferire la piattaforma PC. Grazie alle elevate prestazioni che solo i PC sanno garantire e l’elevata configurabilità in ambiente desktop, il mercato dei PC dedicati al gaming e sempre più in crescita. Il mercato del gaming sta spingendo l’hardware sempre più al limite, PlayStation e Xbox hanno dovuto fare l’upgrade al proprio hardware per riuscire a supportare giochi in 4K a 60 frame al secondo e nei prossimi anni vedremo sempre più giochi con grafica e tecnologia foto realistica. I PC sono sempre un passo avanti riguardo alla grafica grazie alle potentissime schede video e le CPU sempre più performanti, per cui riescono sempre a soddisfare i gamer più accaniti. A febbraio 2017 le stime sugli eSports e tutto il suo indotto avevano indicato la quota di ricavi del mercato nel 2020 in circa 1,5 miliardi di dollari. Dopo un anno, le stime più ottimistiche parlano di quasi un miliardo in più di ricavi. Il settore del gaming professionistico ha vissuto un anno di crescita continuae, secondo quanto calcolato e prospettato da NewZoo, ha avuto e avrà un tasso di rendimento costante al di sopra delle aspettative nel prossimo triennio 2018-2020. Si fa quindi fatica a capire perché gli sport elettronici in Italia non siano ancora parte integrante dell’immaginario collettivo. Soprattutto osservando il bagaglio di novità che ha portato con se il 2017. La prima novità che ha stravolto in positivo le previsioni sul mercato eSport è stato indubbiamente l’ingresso nella scena competitiva del genere Survival Battle Royale, rappresentato su tutti da PUBG, ovvero Player Unknown’s Battlegrounds. Il titolo di casa Bluehole è riuscito in brevissimo tempo a infrangere record su record di giocatori e spettatori, di appassionati e di gamer professionisti. Una ventata di aria fresca in un settore dominato per anni dai soliti tre, CS:GO, League of Legends e Dota2, che ha incentivato le squadre e gli sponsor a rivedere i loro piani, spinti da una presenza sempre più massiccia di PUBG nei vari eventi internazionali. A fine dicembre 2017 i giocatori hanno superato i 30 milioni. Cifre inattese se consideriamo che la versione 1.0 del gioco è uscita meno di un mese fa. Un’altra importante novità è invece rappresentata dall’introduzione di un nuovo, almeno per gli eSports, modello di business: il franchising. Già presente nello sport nordamericano, il franchising elimina dall’equazione sportiva le retrocessioni e le promozioni costituendo una lega chiusa in cui le squadre di partenza, previo pagamento di quota d’ingresso, saranno le stesse anche nelle stagioni successive. Il sistema, che sarà adottato nel 2018 da League of Legends (in Nord America e Cina) e Overwatch, è basato su tre principi: Il primo è la rappresentatività locale: ogni squadra è associata a una città per la quale compete, un meccanismo che dovrebbe incentivare la tifoseria di “casa”, così come l’incremento esponenziale del merchandising abbinato a tale squadra. Il secondo è la conseguenza diretta dell’addio a promozioni e retrocessioni. Le squadra acquisiscono più potere contrattualecon gli sponsor: non dovendo più temere una retrocessione e un’eventuale scomparsa dai radar della scena principale, hanno la possibilità di programmare le proprie attività competitive e aziendali nel medio-lungo periodo. Con il benestare dei vari sponsor che sapranno di poter contare su un partner solido su cui investire. Il terzo e ultimo principio riguarda la vendita dei diritti tv. Twitch non è più l’unico mezzo su cui trasmettere le competizioni. Nonostante resti il principale a livello mondiale, gli eventi sono ormai disponibili anche nelle tv tradizionali, non solo americane (Espn e Tbs su tutte), ma anche in Italia con Sky e il suo canale GINX Esports TV. Senza dimenticare gli accordi siglati da ESL sia con Facebook che con Twitter per la diretta streaming su mobile dei principali eventi del circuito. L’interesse suscitato dagli eSports in Italia è genuino e quasi ingenuo. Non si può ancora definire come un fenomeno di massa da noi, né tantomeno asserire di essere nella fase adolescenziale, quando è chiaro che le generazioni venute prima dei Millennialsignorino l’esistenza del settore. Di certo, però, le basi sono state gettate e il metodo migliore per proseguire nel 2018 la strada intrapresa è informare. Continuare a parlarne, a descrivere le attività, i campioni, i tornei. Mostrarli come una qualsiasi altraforma di intrattenimento, senza pregiudizi né paletti. È anche necessario che tutti gli attori presenti nel panorama italiano facciano fronte comune, coordinandosi per seguire la stessa direzione. Spezzettare il settore può portare solamente a una guerra per la sopravvivenza, in cui non vince necessariamente il più forte ma chi riesce più rapidamente ad adattarsi.
Samnitis
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